Video intervista + video documentario sul reportage "Iraq: genocidio e rito sacro degli Yazidi"

Avrebbe dovuto essere una mostra fisica a Cividale del Friuli, presso la fondazione Auxilia, ma causa della pandemia da Covid-19, si è dovuta trasformare in qualcosa di nuovo che non avevo mai fatto:, una video intervista con foto e slideshow in cui ho illustrato il reportage che ho effettuato in Iraq nel 2018 sul genocidio degli Yazidi e sul loro rito religiono Cejna Cemaiya. Questo il link per vederlo su Facebook. Nel caso non dovesse funzionare, o non abbiate Facebook, il video è visibile anche qui sotto (da YouTube):

La risoluzione/qualità purtoppo è bassa, ma potete tranquillamente vedere le foto in alta qualità nel mio sito a questi tre link:

Yazidi Genocide - Yazidi Cejna Cemaiya "Feast of the Assembly" - Iraq street photos

Inoltre, grazie a Teresa Medeossi (website) che lo ha realizzato, vi lascio anche il video-documantario dello stesso reportage per capire meglio come è stato realizzato e il mio viaggio. Solitamente questo sarebbe uno slideshow che illustro durante le conferenze ma, data l’impossibilità di tenere delle conferenze in presenza, ho deciso di farlo diventare un video.

La mia intervista per il podcast Discorsi Fotografici

Durante il mese di Luglio 2018 ho avuto l’opportunità di fare un’itervista per l’ottimo podcast e magazine Discorsi Fotografici. La puntata con la mia intervista è uscita come prima puntata del 2019, anche se è stata registrata a Luglio 2018 (prima quindi del mio ultimo reportage sugli Yazidi). Dura 50 minuti e vi lascio il file audio già tagliato qui sotto. Se volete sentire la puntata intera, all’inizio si parla di tecnica e novità del mercato fotografico, la potete ascoltare dal loro sito web “Un buon 2019 fotografico e Giulio Magnifico a Discorsi Fotografici!” o su qualsiasi aggregatore Podcast.

Intervista in radio al programma "Specchio Straniero" di Trieste

Mercoledì 4 aprile sono stato, per la mia prima volta, ospite in radio. A me piace moltissimo la radio, quindi mi ha fatto veramente piacere avere questa opportunità. Mi fa ancora più piacere sapere che la trasmissione era condotta da due ragazzi della mia stessa età, che lo fanno per passione, proprio come per me la fotografia. La trasmissione in questione si chiama Specchio Straniero ed è una trasmissione condotta da un giornalista Triestino, Stefano Tieri, e il suo amico sloveno, Tomaz. Entrambi hanno in comune la voglia di aiutare le persone che si trovano in posizioni di svantaggio sociale, in questo caso gli immigrati dei paesi meno abbienti del nostro, infatti la trasmissione è coordinata dal Cento Italiano di Solidarietà di Trieste

 Durante questi 30 minuti di intervista ho parlato in particolare del mio ultimo reportage nella città irachena di Mosul, e in generale dei miei viaggi e della fotografia. La trasmissione è ascoltabile online su MixCloud a questo indirizzo:

[specchio straniero 90] fotografare oltre le macerie - Mixcloud

Altrimenti oltre alla versione online, ovviamente la puntata sarà anche trasmessa in 6 radio nazionali:

- Radio Fragola (Trieste, 104.5 – 104.8), domenica alle 15.35

- Radio Onda d'Urto (Lombardia, Verona, Trento) sabato ore 12.30

- Radio Onde Furlane (Udine, Gorizia, Pordenone, 90.0) sabato alle 17.30 (in replica domenica alle 10)

- Radio Kairos (Bologna, 105.85) lunedì alle 17.00 (in replica venerdì alle 18.30)

- Radio Beckwith (Torino, 96.55 – 87.6 – 87.8 – 88.0), mercoledì alle 7.00 (in replica sabato alle 8.00)

- Radio Sonar (web radio), mercoledì alle 20.00

Video dell’intervista a TeleFriuli

La mattina del 2 Novembre ho avuto l’opportunità di essere intervistato in diretta su Telefriuli, alla trasmissione  “Ore 7” condotta da Alessandro Di Giusto. Durante i 15 minuti di intervista ho potuto parlare del mio ultimo reportage in Iraq e di raccontare diversi aneddoti e curiosità del viaggio. Devo ringraziare il giornalista, nonché conduttore, Alessandro Di Giusto, per le interessanti domande, e il giornalista del Messaggero Veneto Vittorio Regattin. È stata un'esperienza costruttiva per me, e credo che ascoltare questa intervista sia un’opportunità per conoscere alcuni dettagli nascosti di questo ultimo mio viaggio. 

Articolo del mio reportage a Mosul sul Messaggero Veneto

“Le foto di un giovane friulano raccontano l’inferno di Mosul”

Sul Messaggero Veneto di domenica 24 settembre è stato pubblicato (a pagina 38) un articolo sul mio viaggio in Iraq. L’articolo, scritto da Simone Firmani, è disponibile anche nella versione online, ed è l’estratto di una lunga video intervista. Vi lascio la foto della pagina del giornale, il link all’articolo online e i link alle pagine con tutte le foto e il reportage completo, sul mio portfolio.  

Le foto di un giovane friulano raccontano l’inferno di Mosul - Messaggero Veneto

IMG_1607.JPG

I link al reportage sul mio portfolio (la pagina del reportage sulle persone/rifugiati è incompleta, tornate a visitarla più avanti nel tempo e troverete sicuramente nuove fotografie):

 Mosul, iraq 2017 - Giulio Magnifico

Iraq 2017 - Giulio Magnifico 

 

e il testo completo:

 

Giulio Magnifico nella vita fa l’impiegato: la sua passione l’ha portato in Iraq. Lì, nell’ex roccaforte dell’Isis, si continua a vivere tra gli spari dei cecchini di Simone Firmani

di Simone Firmani 24 settembre 2017

 

UDINE. Giulio Magnifico ha 29 anni, un lavoro come impiegato, ma una passione che supera ogni immaginazione. Nel tempo libero fa il fotografo freelance, un’attività che nei primi giorni di settembre, senza alcun tipo di rimborso, lo ha portato fino a Mosul, ex roccaforte dell’Isis e, da circa due mesi, città liberata dall’esercito iracheno. O quasi.

«La parte nuova della città è totalmente in mano alla coalizione iracheno-americana - spiega Magnifico -, ma è nella parte vecchia, al di là del fiume Tigri, che rimangono i maggiori problemi. Mancano acqua ed elettricità. Inoltre nei tunnel sotterranei e tra le macerie continuano a nascondersi alcuni cecchini dell’Isis. Gli spari non sono finiti».

Nato a Gemona ma residente a Udine, Magnifico è affascinato dalla cultura mediorientale, che lui stesso definisce come calda e aperta, totalmente diversa dalla nostra. Proprio per conoscere questo mondo più da vicino, più di una volta ha preso la sua macchina fotografica ed è partito per compiere alcuni reportage. A inizio mese è atterrato a Diyarbakir in Turchia.

Da qui, a bordo di un’automobile si è diretto verso il confine con l’Iraq. Dopo una serie di severi controlli, ha raggiunto Zakho, una delle prime città nord irachene, infine Dahuk, dove avrebbe incontrato una sua vecchia conoscenza: Hashim, un ragazzo di vent’anni che lo avrebbe guidato fino a Mosul, suo vero obiettivo. «L’avevo incontrato tre anni prima, in un campo profughi iracheno, in uno dei miei primi viaggi. Era l’unico che parlasse l’inglese, così siamo diventati amici. Con lui poche settimane fa sono arrivato a Mosul e ho potuto visitare gran parte della città».
Magnifico si è trovato di fronte a una situazione surreale. Dove prima c’era grande vita ora vige il silenzio completo, ogni tanto rotto dal rumore delle macerie mosse dal vento o da qualche sparo, eco di una guerra che dal 2014 ha fatto migliaia di vittime. Nella parte vecchia della città esiste solo una strada, il resto è il nulla assoluto, totalmente da ricostruire.

Con il suo amico iracheno, Magnifico si è addentrato tra le rovine di Mosul, ma non ha avuto vita facile. «Nessuno credeva che fossi lì per scattare foto per conto mio. Credevano fossi inviato da qualcuno. Più volte mi è stato ordinato di cancellare le foto, ma per fortuna sono sempre riuscito a recuperarle.

Un giorno, alcuni militari iracheni, dopo averci perquisito, ci hanno caricato su un taxi e diretto verso la “green zone”, luogo adatto a fotografi e giornalisti. Tuttavia, lì non c’era assolutamente nulla e il tassista, molto gentile, ci ha fatto fare un giro per la città. Ci siamo fermati nella parte vecchia. Questo mi ha permesso di conoscere meglio quei luoghi devastati».

L’enorme desiderio di fotografare ha poi portato il ragazzo friulano a visitare, nei giorni seguenti, città come Lalish e Sinjar, a nord di Mosul, e alcuni campi profughi. Qui è venuto a contatto con chi ha vissuto la guerra sulla propria pelle, potendo così compiere definitivamente l’obiettivo del proprio viaggio. «A me piace raccontare storie emozionanti e intense - dice Magnifico -. In questo caso, nel mio reportage ho voluto raccontare storie mediorientali, dove nonostante la situazione di guerra, gli sguardi delle persone mantengono scintille di vita che non sono paragonabili agli sguardi europei.

Gli sguardi dei bambini, ad esempio, sono pieni di speranza. Alcuni di noi in situazioni del genere probabilmente si lascerebbero andare, lì invece si continua a tenere duro».

Una buona parte del reportage di Magnifico, comprensivo di foto e video, è disponibile sul suo sito personale, www.giuliomagnifico.it. Nei giorni seguenti il fotografo svilupperà ulteriori scatti. Infine ci sarà l’ultimo passo da compiere: «Conto di organizzare una mostra a Udine molto presto».

Intervista per il giornale online L'Oppure

Sabato 19 marzo è stata pubblicata una mia intervista per il giornale online L'Oppure. La mia è la prima di una serie di interviste dedicate ad artisti e personaggi importanti locali. Devo ringraziare Enrico Pascatti per l'opportunità e per l'ottima conversione delle mie parole in testo. 

 

Giulio Magnifico: “Mi piace documentare la tradizione”

Giulio è un fotografo friulano di ventinove anni. Il focus della sua macchina è rivolto principalmente alla street photography, e può vantare diverse collaborazioni con testate nazionali ed estere (Der Spiegel, Click Magazine, Independent, Messaggero Veneto, Inspired Eye, digitalreview), mostre personali a Tolmezzo e Udine; ha vinto il premio Treccani “Eccellenza del web” e il Nikon Forum Contest 2015, tenuto conferenze in molti circoli fotografici, scuole e atenei della nostra regione. I suoi reportage provengono dalle osterie udinesi e dal confine turco-siriano, i soggetti sono uomini sedentari – estimatori del tajut del primo pomeriggio – e uomini che nascono per la seconda volta – partoriti dal mare, sulle coste siciliane. Lo abbiamo raggiunto per una chiacchierata intorno alla fotografia, al giornalismo e alle tradizioni della nostra terra.
Ecco cosa ne è emerso.

Partiamo dall’inizio: come ti sei avvicinato alla fotografia?

Beh, io ho avuto la fortuna che i miei genitori fossero grandi
viaggiatori: ricordo che, da piccolino, abbiamo girato tutta Europa in camper. Ho potuto vedere molti posti differenti. Cercavo sempre di osservare, di trovare particolarità e diversità, che sono quello che la mia fotografia vuole raccontare. Quando scattavo, il consiglio di mio padre era quello di non fare mai foto da cartolina, già viste. Prestavo allora il mio occhio alla diversità: forse la mia passione è iniziata già da lì. Poi, con la scoperta del cinema, ho scelto di iscrivermi al liceo con indirizzo di fotografia e filmica, ma col tempo ho capito che il mio mezzo fosse la macchina fotografica. Ho proseguito, ho imparato le basi che mi sono servite poi per poter scattare in modo soddisfacente: la tecnica è importante, senza non si arriva a nessun risultato di spicco. In seguito, per un periodo ho lasciato la macchina in un armadio, per poi riavvicinarmici con la paesaggistica, ma mi sono reso conto che il mio interesse fosse rivolto alla street photography, perchè era quella che riusciva a raccontare meglio quello che vedevo in città. Mi piace raccontare le scene di vita cittadina.

Ciò che mi affascina maggiormente dei tuoi scatti è la commistione tra ritrattistica a reportage: voglio dire, quando scatti una fotografia non è quasi mai per isolare il tuo soggetto da ciò che gli sta intorno, ma per raccontare del suo rapporto con lo scenario in cui è immerso.

Ovviamente gli scatti non devono solo isolare il soggetto, mi piace cercare di ambientare e contestualizzare ogni ritratto. Bisogna raccontare sia il soggetto che il suo background: altrimenti è solo un volto. Mi capita però di fare anche primissimi piani, e in questi caso aggiungo una piccola videocamera sulla macchina per girare un filmato grezzo che racconti la scena che sta dietro allo scatto, dal clack! dell’otturatore al mio rapporto coi soggetti che immortalo.

La tua serie sulle osterie friulane racconta l’esperienza di luoghi che rappresentano molto più che bar: si tratta di sale in cui trovarsi con gli amici o immergersi nel privato di una lettura, godere del taciturno piacere di un buon vino o di una più conviviale briscola. Cosa ti ha attratto inizialmente?

Mi piace documentare la tradizione, le scene che provengono da lontano e che spero non si perdano nel tempo. Credo che la nostra generazione non lo permetterà, ma in quel caso avrei prodotto una testimonianza fotografica del passato. Voglio cogliere la naturalità, la maggior parte delle volte i miei soggetti non si accorgono nemmeno di essere fotografati. Altre volte invece ci mettiamo a parlare, beviamo assieme: mi è capitato così di conoscere persone nuove, conoscere storie.
Peraltro Pepata di Corte, un’osteria udinese, espone una selezione di dieci mie foto scattate all’interno della stessa. E’ partito tutto da una bella idea del proprietario. Questa serie è stata ripresa anche dall’Independent on Sunday [è possibile trovare l’articolo a questo link, ndr], l’edizione domenicale dell’Independent, famosa testata inglese. Hanno trovato queste foto sul mio sito giuliomagnifico.it e mi hanno chiesto di raccontarle e raccontare la vita in Friuli. La stessa intervista è stata poi ripresa dal Messaggero Veneto.

Hai anche all’attivo diversi reportage da zone calde: il confine Sloveno-Croato, Turchia, Siria e Iraq. Come cambia il tuo approccio in quelle situazioni, e cosa invece resta invariato?

Ovviamente in quei contesti cambia tutto: bisogna preparare meticolosamente il viaggio, sapere dove andare e dove non metter piede, come affrontare ogni situazione. Al momento dello scatto, al contrario, le mie azioni restano invariate: mi avvicino alle persone e mi faccio vedere con la fotocamera, e se mi fanno capire con un gesto o un sorriso che a loro sta bene essere fotografati, scatto. Comunque è necessario prestare sempre la massima attenzione: essere rapiti è una concreta possibilità. Le prime volte, quando si assiste a scene forti o ad interventi della polizia, tremano le mani: si tratta di una prova che colpisce, che mette a forte disagio. Anche se, dopo qualche esperienza, si inizia ad avvertire il valore umano di queste storie.

Se dovessi scegliere uno e un solo obiettivo, quale sarebbe?

Io ne uso solamente due: ho un 35mm f/1.4 e un 105mm macro, ma potrei usare quasi solo il 35. E’ una lente che va bene per tutto, io l’adoro, la tengo attaccata alla macchina anche per mesi senza mai cambiarla: facendo un passo in avanti si ottiene un ritratto, facendo un passo indietro una scena. E’ un obiettivo polivalente.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Coi viaggi si vive molto alla giornata: potrei partire in qualsiasi momento. In ogni caso avevo in mente, per quest’estate, di andare con un mio amico tra Siria, Libano e Iraq. Ho poi in programma un’esposizione al Med Photo Fest, che si tiene a Catania col patrocinio del Ministero dei beni culturali. In precedenza lo hanno vinto fotografi come Scianna, Berengo Gardin, Leone.

- Enrico Pascatti